Da che ho memoria ho sempre fatto qualche tipo di sport. In cortile. A scuola. In campo.
Tranne sci e tennis quasi sempre si trattava di sport di squadra, quel tipo di sport in cui devi essere bravo non solo nei fondamentali del gioco ma soprattutto nel relazionarti con chi hai intorno.
Questo per dire da subito che sì, credo nello sport. E credo anche che lo sport sia una palestra di vita che spesso torna utile anche in azienda.
Quello che invece mi convince di meno è l’esasperazione, la confusione, e a volte la superficialità di certi messaggi.
Ogni maledetta domenica vs ogni maledetta giornata
A un passo dai fatidici anni 2000, nel 1999, Oliver Stone fece un grande regalo all'umanità: “Ogni maledetta domenica”, Any Given Sunday il titolo originale.
Una storia di sport, sogni e sofferenza, resa epica dal talento degli attori, Al Pacino su tutti.
Si deve proprio a lui, che nel film impersona un coach testardo ma a tratti commovente nella sua fragilità, uno dei discorsi più iconici di Hollywood.
Non so cosa dirvi davvero non so cosa dirvi davvero tre minuti alla nostra più difficile sfida professionale tutto si decide oggi ora noi… o risorgiamo come squadra o cederemo un centimetro alla volta uno schema dopo l'altro fino alla disfatta siamo all'inferno adesso signori miei credetemi...Ogni maledetta domenica si può vincere o perdere l'importante è vincere o perdere da uomini…
Ho visto il film e il discorso di Al Pacino credo almeno 5 volte. Ma se dovessi contare quante volte invece l'ho visto nelle slide o raccontato agli eventi aziendali farei davvero fatica.
Insieme a tante altre scene epiche di Hollywood e altre storie sportive:, Miracle con Kurt Russell, nei panni di Herb Brooks che vince la medaglia d'oro alle Olimpiadi invernali del 1980 battendo l’unione Sovietica e Denzel Washington nei panni di Herman Boone in “remember the titans” fino a Brad Pitt in “Moneyball” che interpreta Billy Bean coach degli Oakland Athletics.
Lo sport, è vero, a volte sa scrivere storie incredibili. E il cinema spesso sa raccontarle in modo meraviglioso.
Non c'è niente di male in questo. Solo che se parliamo di azienda, di lavoro, di persone "normali"e non di atleti, è un'altra cosa. Dobbiamo fare attenzione.
Sono certo che lo sport possa essere davvero fonte di grande ispirazione e una meravigliosa metafora nel business, inutile forse sottolineare in modo non esaustivo e correndo il rischio di banalizzare: lo spirito di squadra, il rispetto dell’avversario, lo spirito competitivo, il rispetto delle regole, la disciplina, la preparazione, lo sforzo e il sacrificio…Il confronto con donne e uomini di sport e’ stato per me sempre motivo di grande interesse e ispirazione, ne sa qualcosa il mio amico Franco Bertoli, “mani di pietra” ma “animo gentile” dotato di pazienza, capacita’ di ascolto e disponibilita’ infinita.
Ricordo anni fa di avere deciso di assumere un collaboratore su cui non avevamo unanimità di vedute dopo che mi aveva detto di essere stato un ciclista professionista con qualche giro d’Italia alle spalle, forse fin troppo banale ma era inevitabile che conoscesse la preparazione e il sacrificio, il rispetto della leadership e che il successo della squadra venisse prima del risultato del singolo. Non sbagliai…
Oggi credo che esagerare nel parallelismo sport/business porti con sé il rischio di confondere la performance agonistica con la performance lavorativa.
Uno sportivo professionista, a seconda ovviamente delle discipline e se non ti chiami Ibrahimovic, ha una carriera che finisce intorno ai 35 anni. La prestazione sportiva che a seconda degli sport puo’ durare pochi minuti come nello sci fino alla “lunga durata” di sport come il tennis che puo’ arrivare alle 5-6 ore, storica (quanto eccezionale ) la partita a Wimbledon del 2010 tra Mahut e Isner che si protrasse per 3 giorni per complessive 11 ore e 5 minuti di gioco e che rimane oggi il record imbattuto di durata.
Stu Woo del Wall Street Journal ha fatto uno studio del tempo effettivo di gioco in un incontro di tennis medio calcolando che nell'edizione del 2012 degli U.S. Open la durata media di un incontro singolo maschile e’ di 2 ore e 44 minuti.
Numeri che poco hanno a che fare con l'attività lavorativa e le aziende. Se sottoponiamo le nostre persone, in modo sistematico e non occasionale, a ritmi di lavoro di 10-12 ore di lavoro al giorno per 5 giorni alla settimana (un limite sempre piu' esasperato dalla remotizzazione spinta del lavoro sulle ali della narrativa del lavoro "ibrido“ in cui i livelli si confondono e i tempi si dilatano), allora rischiamo di generare performance dopate e poco sostenibili e dovremo pensare a carriere brevi e sottoporre le nostre squadre ai cicli di costante ricambio come lo sport agonistico impone.
Lo sport agonistico contempla molto allenamento ma anche molto riposo e recupero, spesso farmaci, fisioterapisti e uno stretto regime alimentare. Cose che non sempre, o mai, si riscontrano nel lavoro o che comunque sono delegate alle singole persone, che poi quasi sempre, per mancanza di risorse o informazioni, non se ne prendono cura. Non come uno sportivo professionista.
Possiamo imparare dunque molto, anzi moltissimo dallo sport ma, soprattutto oggi, l’esasperazione della metafora sportiva nel business rischia di creare parallelismi che non sono coerenti.
Forse è il caso di guardare con più attenzione ad altri campi. Al nostro. Alle aziende. E parlare davvero e di più con le persone.
Ogni maledetta giornata.