Take it Easy. Non salviamo vite, non scriviamo la storia
Bisogna fare le cose con serietà senza prendersi troppo sul serio.
Si sono festeggiati i venticinque anni di Cisco Italia, meravigliosa azienda nella quale ho speso oltre vent’anni della mia carriera e della mia vita. Io non sono stato invitato. Perché?
Non lo so non ci avevo pensato, ma questo messaggio che ho ricevuto ieri sera mi ha fatto pensare.
“Sono rimasto molto colpito dalla tua assenza e da quella di Stefano Venturi. In queste occasioni è prassi comune invitare i precedenti amministratori delegati. Ma sono rimasto ancora più colpito dal fatto che, mentre si ripercorrevano le tappe e i successi di Cisco Italia in questi venticinque anni, ho notato che non ci fosse neanche una vostra immagine, un solo momento relativo al vostro periodo, un solo riferimento a voi. Non saprei… ma ho avuto l’impressione che foste stati totalmente cancellati.
Ho trovato tutto triste e ingeneroso nei vostri confronti ma anche sconfortante per me.
Mi viene da pensare: se Stefano che ne e’ stato l’anima, che ha di fatto fondato e guidato Cisco Italia per 13 anni e tu che nei hai trascorsi 20 e che sei stato amministratore delegato prima e capo del Sud Europa poi, quando andrò via io cosa resterà allora di tutto quello che ho fatto?
Se questo è il finale riservato ai protagonisti, quale sarà quello delle “comparse” come me ?”
Questo è uno di alcuni dei messaggi che mi sono arrivati da ieri sera a stamattina, qualcuno solo per un saluto, qualcuno ricordando qualche momento passato insieme con una telefonata o con un messaggio via WhatsApp.
Io non avevo dato affatto peso a questa storia. Non ho mai amato le celebrazioni del passato, applaudire le “vecchie glorie” mi fa quasi tristezza. Sapevo del venticinquesimo di Cisco Italia, sapevo che non sarei stato lì.
Quello che non sapevo è espresso nel messaggio di sopra che ho voluto riportare. Uno sguardo esterno e lucido che ha il merito di andare oltre la situazione di Stefano e del sottoscritto.
Touché.
Questo sì, mi fa pensare.
La domanda che mi pone questo ex collega, per quanto spietata (ho lasciato “comparse” pur non essendo d’accordo, solo per mantenere l’autenticità del messaggio) è una domanda lecita. Sono dubbi frequenti, reali e umani.
Sono le stesse domande che molti si pongono ogni giorno mentre vanno al lavoro, al di là di mansione e titolo.
Allora riordino i pensieri e provo a dare una brevissima risposta.
Penso che gratitudine e riconoscenza non debbano essere un fine, non sono dovute e non devono essere date per scontate. Bisogna lavorare per conquistarsele ogni giorno. Io e Stefano non ci siamo riusciti? Non lo so, non è questo che mi interessa e interessa a chi legge.
Penso che qualunque ruolo si ricopra bisogna affrontarlo con passione, impegno e dedizione. Applicandosi su ciò che ritieni importante, nell’interesse della tua azienda, dei tuoi clienti e delle tue persone, il tuo personale interesse viene sempre per ultimo.
Penso che al di là dei job title, nel nostro lavoro non salviamo vite né scriviamo la storia. Bisogna trovare significato in ciò che facciamo, in come lo facciamo e in perché lo facciamo. Non in quello che ci sarà riconosciuto, tantomeno farlo con l’obiettivo di finire un giorno in qualche “hall of fame”.
Bisogna fare le cose con serietà senza prendersi troppo sul serio. Non salviamo vite, non scriviamo la storia. Take it Easy.